Moro (WebMaster) Interventi: 488 09/05/2007 10:41:17 252 |
Volevo spiegare cos'è per me il rugby. Spero di esserci riuscito, manterrò questo topic come una specie di diario, per provare a raccontare cosa c'è di così speciale dietro quei pali a forma di H e quella strana, imprevedebile, burlesca, palla ovale. Capitolo 1 Finalmente è rugby. Dopo mesi che sono sembrati anni, ore passate da "persona normale", facendo finta che non fosse importante, come un grande amore non corrisposto, ignorato per non soffire. Ma non è mai facile. Perchè l'anima chiama, chiama con al voce di Webb Ellis dal college di Rugby, chiama con il canto di guerra Maori dalle verdi colline della Nuova Zelanda, con il boato della folla da Twickenam, il tempio del rugby, in Inghilterra, con la voce stroncata dalla stanchezza dei compagni di squadra che si incitano in un piccolo campo fuori città. Ed è lì che capisci che tra te e un All Black non c'è quella differenza che ti aspetteresti, giochi a rugby, come lui, non ti arrenderai mai, come lui, hai 14 persone in campo che si sacrificano per te, come lui. Improvvisamente si scava un solco tra te e il resto del mondo. Da una parte chi gioca, vive, tifa, respira e ama il rugby, dall'altra parte tutti gli altri, e tu non vorresti mai essere dall'altra parte. E' il fascino di una battaglia cruenta tra gentiluomini, come cavalieri d'altri tempi, è il tonfo sordo del tuo corpo che viene sbattuto per terra, perchè devi sempre ricordarti che sei un uomo come tutti gli altri. Ma dopo un po' che giochi capisci dove sta la differenza, non è il fisico, non è l'esperienza, la conoscenza delle regole, i riflessi, la velocità... no, la differenza è la volontà. E' la volontà di andare a tutta velocità contro un muro di avversari, di rialzarsi quando hai preso una botta di quelle che avrebbero stordito un toro, di correre fino a quando non ti scoppia il cuore perchè il tuo compagno è da solo tu devi aiutarlo. Perchè se non lo fai, se quando esci dal campo avrai risparmiato anche un solo briciolo di fiato, di sudore, quando guarderai negli occhi i tuoi compagni dovrai abbassare lo sguardo, perchè loro, per te, hanno dato tutto. E quando finisce la partita capisci che ti spetta qualcosa, hai dato troppo per non ricevere in cambio niente, sei a pezzi, e ti aspetti che qualcuno venga per rimetterti in sesto. Ma non sono coppe, nè medaglie, non è la vittoria o la sconfitta... quello che ti riempie d'orgoglio alla fine della partita è lo sguardo dei tuoi compagni e dei tuoi avversari, è la coscienza che tutti quelli che erano lì quel giorno hanno visto che tu non rimarrai mai a terra, e quando lo farai altri 14 saranno pronti a tirarti su, come tu lo sarai per loro. E non è da tutti. E' questo maledetto sport, gioco, chiamatelo come volete, che ti entra nel sangue e non se ne va più, che ti entra dentro nell'anima e comincia a chiamare forte, sempre di più... Proprio come un grande amore, come il grande amore che fa scomparire tutto il resto del mondo, lo restringe, lo unifica in una sola direzione, fino a portare ogni gesto di un uomo a mezzo per un fine, o, se volete, per una meta. |
"Piano" non è rugby (© Eddy) |
Moro (WebMaster) Interventi: 488 10/05/2007 09:55:12 260 |
Capitolo 2 Quando ho cominciato a giocare a rugby non ci capivo niente. Non avevo idea nè di come funzionasse nè di cosa ci fosse in mezzo a quel prato, eccezione fatta per una palla ovale e un gruppo di energumeni ben decisi a farsi la pelle l'un l'altro. A gruppi di quindici. Così, un paio di settimane di allenamento, qualche livido qua e là e cominciai a capire come gira il mondo ovale. Gira bene, le prime volte, specie se, come me, ti trovi in un gruppo di neofiti. Ti tiri certe legnate che mai più ho rivisto nella mia vita. Le prima volte hai paura, poi, quando capisci che l'unica maniera di farsi male è quando tu arrivi morbido e l'altro arriva duro, subentra l'inconscenza. Ti butti in scontri al limite del suicidio solo per dimostare che puoi farlo. E intanto il tempo passa, cominci ad abituarti a passare la palla all'indietro e cominci, sopratutto, ad abituarti al fatto che, quando hai la palla in mano, tutti vogliono te, nemmeno tu fossi Miss Italia. Quando ho iniziato a capirci qualcosa ho chiesto all'allenatore che ruolo fossi, in allenamento facevo qualche volta al seconda, qualche volta la terza, una volta anche il tallonatore... ma sempre e in mischia (e tanto mi bastava). Poi la fulminazione, sei una terza. E cosa fa la terza? La terza linea è un predatore, un magnifico rapace che vola sui campi da rugby, un animale che puo' solo uccidere per vivere. Deve fare tutto, placcare con impatti tremendi, correre dietro a quei fighetti dei trequarti perchè se cade la palla il recupero è compito suo, arrivare sulle ruck come un missile contro piloni che sono 40 chili più di lui. E spingerli indietro. Dopo i primi allenamenti "mirati" da terza linea ero semplicemente devastato. Correvo come un forsennato, placcavo, sputavo i polmoni e, nonstante tutto ciò, molte volte non arrivavo dove dovevo. Così chiesi consiglio ad un "grande vecchio" della società, gli chiesi come potevo fare per riuscire in tutto quello che mi veniva chiesto, correre dappertutto, passare, placcare, bucare a velocità folli, sono troppo grosso per fare questo lavoro, ma sono troppo piccolo per non farlo. Qualcuno deve farlo. Il mio interlocutore alzò gli occhi con espressione tranquilla e, come se fosse ovvio, rispose "La terza deve morire". Adesso capisco. Non capivo prima, ma adesso... è semplice. Devi morire. Devi lasciare tutto quello che hai sul campo. Devi arrivare alla fine della partita in condizioni tali da dover essere portato a braccia negli spogliatoi. E' il sacrificio supremo per il bene dei compagni, devi morire perchè altrimenti non avrai fatto bene quello sporco, divertente, massacrante, gratificante lavoro. Quella frase ha cambiato il mio modo di giocare a rugby, non c'è miglior guerriero di quello a cui non importa di vivere o morire. Questo non significa andarsele a cercare, ma il passo in più quando pensi di essere finito, l'ultimo passaggio prima di cadere a terra dopo un placcaggio, sostenere un compagno fino alla fine, anche quando ti sta per scoppiare il cuore, sono cose che fanno la differenza. E ho capito anche un'altra cosa: non solo devi morire, ma il tuo ultimo respiro serve a dare la palla al compagno. |
"Piano" non è rugby (© Eddy) |
Moro (WebMaster) Interventi: 488 11/05/2007 12:20:52 261 |
Capitolo 3 Il rugby è lo sport praticato in paradiso. Non lo dico io, è un proverbio gallese, una porzione di Gran Bretagna dove il rugby è una religione. Pero' secondo me hanno ragione da vendere, il campo da rugby è una sorta di zona franca, una dimensione parallela dove, prima che con l'avversario, giochi con te stesso. E' come un enorme specchio d'erba che riflette la tua anima in ogni centimetro. Mi sono spesso chiesto perchè nel rugby si deve passare la palla all'indietro, e alla fine ho capito: non puoi nasconderti dietro a nulla. Non c'è nulla davanti a te se non l'avversario, e non puoi usare nè trucchi nè scorciatoie, devi affrontarlo a viso aperto, da uomo a uomo. Questo è anche il motivo per il quale nel rugby la squadra più forte vince. Sempre. Non c'è la giocata di classe che puo' risolvere la partita, non c'è il colpo di fortuna che ribalta la situazione, la vittoria, in questo sport, si costruisce centimetro dopo centimetro, rubando terreno all'avversario, con il sudore e la fatica. Quindi niente trucchi, qui nessuno ti regala niente, ci sei tu, c'è la tua squadra, ci sono gli avversari e c'è la palla, nient'altro. Ogni minimo aspetto del gioco riflette appieno questa filosofia, le mischie chiuse non sono ad appannaggio di una squadra o dell'altra eccetto che per l'introduzione della palla, ma se non spingi non avrai conquistato nulla, anche la touche deve essere lanciata in mezzo ai due schieramenti. Nessun regalo. Puo' sembrare quasi crudele a sentirlo dire così, ma tutto è mirato alla soddisfazione finale, quello che conquisti è tuo di diritto, c'è il tuo sudore sopra, e di certo lo terrai nella giusta considerazione, avendolo ottenuto in questo modo. Andare avanti passando la palla indetro... è assurdo. E affascinante. Perchè come fanno i veri amici, ti seguono per la tua strada, ti fanno scegliere, ma sono sempre lì dietro, pronti a dare una mano nel momento del bisogno. Ma sei tu a dover trovare la forza di andare avanti, anche di fronte ai più temibili avversari, un passo indietro è un metro che i tuoi compagni dovranno riguadagnare con i denti, e non è giusto. Avanti, sempre avanti, di corsa, in tuffo, contro un muro di uomini, andando a riprendere un calcio, sempre avanti... passando la palla agli amici che ti guardano le spalle. |
"Piano" non è rugby (© Eddy) |